SICUREZZA CIVILE COMO

CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE VIGILANZA PRIVATA E SERVIZI FIDUCIARI

CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE VIGILANZA PRIVATA E SERVIZI FIDUCIARI
SEGRETERIA NAZIONALE

giovedì 17 maggio 2012

LEGGE 20 MAGGIO 1970 N° 300

             UGL SICUREZZA CIVILE COMO










LEGGE 20 MAGGIO 1970 N° 300

(Gazzetta Ufficiale n° 131 del 27/05/1970)

Norme sulla tutela della libertà dei Lavoratori,
della libertà sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento

TITOLO I
DELLA LIBERTA' E DIGNITA' DEL LAVORATORE

ART. 1 -- Libertà di opinione. I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nei rispetto dei principi della costituzione e delle norme della presente legge.
ART. 2 - Guardie giurate. Il datore di lavoro può impiegare le guardie particolari giurate, di cui agli artt. 133 e seguenti del T.U. approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale.
Le guardie giurate non possono contestare ai lavoratori azioni o fatti diversi da quelli che attengono alla tutela del patrimonio aziendale.
È fatto divieto al datore di lavoro di adibire alla vigilanza sull'attività lavorativa le guardie di cui al primo comma, le quali non possono accedere nei locali dove si svolge tale attività, durante lo svolgimento della stessa, se non eccezionalmente per specifiche e motivate esigenze attinenti ai compiti di cui al primo comma.
In caso di inosservanza da parte di una guardia particolare giurata delle disposizioni di cui al presente articolo, l'Ispettorato del lavoro ne promuove presso il questore la sospensione dal servizio, salvo il provvedimento di revoca della licenza da parte del prefetto nei casi più gravi.
ART. 3 - Personale di vigilanza. i nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell'attività lavorativa debbono essere comunicati ai lavoratori interessati.
ART. 4 - Impianti audiovisivi. È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.
Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti.
Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondono alle caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna, l'Ispettorato del lavoro provvede entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, dettando all'occorrenza le prescrizioni per l'adeguamento e le modalità di uso degli impianti suddetti.
Contro i provvedimenti dell'Ispettorato dei lavoro, di cui ai precedenti secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
ART. 5. - Accertamenti sanitari.- Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente.
Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda.
Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico.
ART. 6. - Visite personali di controllo. Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate fuorché nei casi in cui siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti.
In tali casi le visite personali potranno essere effettuate soltanto a condizione che siano eseguite all'uscita dei luoghi di lavoro, che siano salvaguardate la dignità e la riservatezza del lavoratore e che avvengano con l'applicazione di sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori.
Le ipotesi nelle quali possono essere disposte le visite personali, nonché, ferme restando le condizioni di cui al secondo comma del presente articolo, le relative modalità debbono essere concordate dal datore di lavoro con le rappresentanze sindacali aziendali oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo su istanza del datore di lavoro, provvede l' ispettorato del lavoro.
Contro i provvedimenti dell'ispettorato del lavoro di cui al precedente comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
ART. 7. - Sanzioni disciplinari. Le norme disciplinari relative alle sanzioni alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia é stabilito da accordi e contratti di lavoro ove esistano.
Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa.
Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni.
In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possano essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa.
Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma restando la facoltà di adire l'autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell'associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione, tramite l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell'ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio.
Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall'invito rivoltogli dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di cui al camma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l' autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio.
Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.
ART. 8. - Divieto di indagini sulle opinioni. E fatto divieto al datore di lavoro, al fini dell'assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoro.
ART. 9. - Tutela della salute e dell'integrità fisica. I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l'elaborazione e l'attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica.
ART. 10. - Lavoratori studenti. I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali.
I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti.
Il datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle certificazioni necessarie all'esercizio dei diritti di cui al primo e secondo comma.
ART. 11. - Attività culturali, ricreative e assistenziali. Le attività culturali, ricreative ed assistenziali promosse nell'azienda sono gestite da organismi formati a maggioranza dai rappresentanti dei lavoratori.

ART. 12. - Istituti di patronato. Gli istituti di patronato e di assistenza sociale, riconosciuti dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per l'adempimento dei compiti di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804, hanno diritto di svolgere, su un piano di parità, la loro attività all'interno dell'azienda, secondo le modalità da stabilirsi con accordi aziendali.
ART. 13. - Mansioni del lavoratore. L'art. 2103 del codice civile è sostituito dal seguente:
"Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
Ogni patto contrario è nullo."
TITOLO II
DELLA LIBERTA' SINDACALE
ART. 14. - Diritto di associazione e di attività sindacale. Il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività sindacale, è garantito a tutti i lavoratori all'interno dei luoghi di lavoro.
ART. 15. - Atti discriminatori. È nullo qualsiasi patto od atto diretto a:
a) subordinare l'occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale ovvero cessi di farne parte;
b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero.
Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti a fini di discriminazione politica o religiosa.
ART. 16. - Trattamenti economici collettivi discriminatori. È vietata la concessione di trattamenti economici di maggior favore aventi carattere discriminatorio a mente dell'art. 15.
Il pretore, su domanda dei lavoratori nei cui confronti è stata attuata la discriminazione di cui al comma precedente o delle associazioni sindacali alle quali questi hanno dato mandato, accertati i fatti, condanna il datore di lavoro al pagamento, a favore del Fondo adeguamento pensioni, di una somma pari all'importo dei trattamenti economici di maggior favore illegittimamente corrisposti nel periodo massimo di un anno.
ART. 17. - Sindacati di comodo. È fatto divieto ai datori di lavoro e alle associazioni di datori di lavoro di costituire o sostenere, con mezzi finanziari o altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori.
ART. 18. - Reintegrazione nel posto di lavoro. Ferma restando l'esperibilità delle procedure previste dall'art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice, con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'art. 2 della legge predetta o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.
Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno subito per il licenziamento di cui sia stata accertata la inefficacia o l'invalidità a norma del comma precedente. In ogni caso, la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione, determinata secondo i criteri di cui all'art. 2121 del codice civile. Il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al comma precedente è tenuto inoltre a corrispondere al lavoratore le retribuzioni dovutegli in virtù del rapporto di lavoro dalla data della sentenza stessa fino a quella della reintegrazione. Se il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito del datore di lavoro non abbia ripreso servizio, il rapporto si intende risolto.
La sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è provvisoriamente esecutiva.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'art. 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
L'ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l'ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell'art. 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile.
L'ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'art. 22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo camma ovvero all'ordinanza di cui al quarto comma, non impugnata o confermata dal giudice che l'ha pronunciata, è tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione dovuta al lavoratore.
TITOLO III
DELL'A TTIVITA' SINDACALE
ART. 19. - Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali. Rappresentanze sindacali aziendali possano essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva nell'ambito:
a) delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
b) delle associazioni sindacali, non affiliate alle predette confederazioni, che siano firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nella unità produttiva.
Nell'ambito di aziende con più unità produttive le rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento.
ART. 20. - Assemblea. I lavoratori hanno diritto di riunirsi, nella unità produttiva in cui prestano la loro opera, fuori dell'orario di lavoro, nonché durante l'orario di lavoro, nei limiti di dieci ore annue, per le quali verrà corrisposta la normale retribuzione. Migliori condizioni possono essere stabilite dalla contrattazione collettiva.
Le riunioni -- che possono riguardare la generalità dei lavoratori o gruppi di essi -- sono indette, singolarmente o congiuntamente, dalle rappresentanze sindacali aziendali nell'unità produttiva, con ordine del giorno su materie di interesse sindacale o del lavoro e secondo l'ordine di precedenza delle convocazioni, comunicate al datore di lavoro.
Alle riunioni possono partecipare, previo preavviso al datore di lavoro, dirigenti esterni del sindacato che ha costituito la rappresentanza sindacale aziendale.
Ulteriori modalità per l'esercizio del diritto di assemblea possono essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro, anche aziendali.
ART. 21. - Referendum. Il datore di lavoro deve consentire nell'ambito aziendale lo svolgimento, fuori dell'orario di lavoro, di referendum, sia generali che per categoria, su materie inerenti all'attività sindacale, indetti da tutte le rappresentanze sindacali aziendali tra i lavoratori, con diritto di partecipazione di tutti i lavoratori appartenenti alla unità produttiva e alla categoria particolarmente interessata.
Ulteriore modalità per lo svolgimento del referendum possono essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro anche aziendali.
ART. 22. - Trasferimento dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali. Il trasferimento dell'unità produttiva dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui al precedente art. I 9, dei candidati e dei membri di commissione interna può essere disposto solo previo nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza.
Le disposizioni di cui al comma precedente ed ai commi quarto, quinto, sesto e settimo dell'art. 18 si applicano sino alla fine del terzo mese successivo a quello in cui è stata eletta la commissione interna per i candidati nelle elezioni della commissione stessa e sino alla fine dell'anno successivo a quello in cui è cessato l'incarico per tutti gli altri.
ART. 23. - Permessi retribuiti. I dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui all'art. 19 hanno diritto, per l'espletamento del loro mandato, a permessi retribuiti.
Salvo clausole più favorevoli dei contratti collettivi di lavoro hanno diritto ai permessi di cui al primo comma almeno:
a) un dirigente per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive che occupano fino a 200 dipendenti della categoria per cui la stessa è organizzata;
b) un dirigente ogni 300 o frazione di 300 dipendenti per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive che occupano fino a 3.000 dipendenti della categoria per cui la stessa è organizzata;
c) un dirigente ogni 500 o frazione di 500 dipendenti della categoria per cui è organizzata la rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta al numero minimo di cui alla precedente lett. b).
I permessi retribuiti di cui al presente articolo non potranno essere inferiori a otto ore mensili nelle aziende di cui alle lett. b) e c) del comma precedente; nelle aziende di cui alla lett. a) i permessi retribuiti non potranno essere inferiori ad un'ora all'anno per ciascun dipendente.
Il lavoratore che intende esercitare il diritto di cui al primo comma deve darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola 24 ore prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali.
ART. 24. - Permessi non retribuiti. I dirigenti sindacali aziendali di cui all'art. 23 hanno diritto a permessi non retribuiti per la partecipazione a trattative sindacali o a congressi e convegni di natura sindacale, in misura non inferiore a otto giorni all'anno.
I lavoratori che intendano esercitare il diritto di cui al comma precedente devono darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola tre giorni prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali.
ART. 25. - Diritto di affissione. Le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di affiggere, su appositi spazi, che il datore di lavoro ha l'obbligo di predisporre in luoghi accessibili a tutti i lavoratori all'interno dell'unità produttiva, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e del lavoro.
ART. 26. - Contributi sindacali. I lavoratori hanno diritto di raccogliere contributi e di svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all'interno dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale svolgimento dell'attività aziendale.
Le associazioni sindacali dei lavoratori hanno diritto di percepire, tramite ritenuta sul salario, i contributi sindacali che i lavoratori intendono loro versare, con modalità stabilite dai contratti collettivi di lavoro, che garantiscano la segretezza del versamento effettuato dal lavoratore a ciascuna associazione sindacale.
Nelle aziende nelle quali il rapporto di lavoro non è regolato da contratti collettivi, il lavoratore ha diritto di chiedere il versamento del contributo sindacale all'associazione da lui indicata.
ART. 27. - Locali delle rappresentanze sindacali aziendali. Il datore di lavoro nelle unità produttive con almeno 200 dipendenti pone permanentemente a disposizione delle rappresentanze sindacali aziendali, per l'esercizio delle loro funzioni, un idoneo locale comune all'interno della unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.
Nelle unità produttive con un numero inferiore di dipendenti le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di usufruire, ove ne facciano richiesta, di un locale idoneo per le loro riunioni.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI VARIE E GENERALI
ART. 28. - Repressione della condotta antisindacale. Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.
L'efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla scadenza con cui il tribunale definisce il giudizio instaurato a norma del comma successivo.
Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione davanti al tribunale che decide con sentenza immediatamente esecutiva.
Il datore di lavoro che non ottempera al decreto, di cui al primo comma, o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione è punito ai sensi dell'art. 650 del codice penale.
L'autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall'art. 36 del codice penale.
ART. 29. - Fusione delle rappresentanze sindacali aziendali. Quando le rappresentanze sindacali aziendali di cui all'art. 19 si siano costituite nell'ambito di due o più delle associazioni di cui alle lett. a) e b) del primo comma dell'articolo predetto, nonché nella ipotesi di fusione di più rappresentanze sindacali, i limiti numerici stabiliti dall'art. 23, secondo comma, si intendono riferiti a ciascuna delle associazioni sindacali unitariamente rappresentante nella unità produttiva.
Quando la formazione di rappresentanze sindacali unitarie consegua alla fusione delle associazioni di cui alle lett. a) e b) del primo comma dell'art. 19, i limiti numerici della tutela accordata ai dirigenti di rappresentanze sindacali aziendali, stabiliti in applicazione dell'art. 23, secondo comma, ovvero del primo comma del presente articolo, restano immutati.
ART. 30. - Permessi per i dirigenti provinciali e nazionali. I componenti degli organi direttivi, provinciali e nazionali, delle associazioni di cui all'art. 19 hanno diritto a permessi retribuiti, secondo le norme dei contratti di lavoro, per la partecipazione alle riunioni degli organi suddetti.
ART. 31 - Aspettativa dei lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive o a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali. I lavoratori che siano eletti membri del Parlamento nazionale o di assemblee regionali ovvero siano chiamati ad altre funzioni pubbliche elettive possono, a richiesta, essere collocati in aspettativa non retribuita, per tutta la durata del loro mandato.
La medesima disposizione si applica ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali.
I periodi di aspettativa di cui ai precedenti commi sono considerati utili, a richiesta dell'interessato, ai fini del riconoscimento del diritto e della determinazione della misura della pensione a carico della assicurazione generale obbligatoria di cui al R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modifiche ed integrazioni, nonché a carico di enti, fondi, casse e gestioni per forme obbligatorie di previdenza sostitutive della assicurazione predetta, o che ne comportino comunque l'esonero.
Durante i periodi di aspettativa l'interessato, in caso di malattia, conserva il diritto alle prestazioni a carico dei competenti enti preposti alla erogazione delle prestazioni medesime.
Le disposizioni di cui al terzo e al quarto comma non si applicano qualora a favore dei lavoratori siano previste forme previdenziali per il trattamento di pensione e per malattia, in relazione all'attività espletata durante il periodo di aspettativa.
ART. 32. - Permessi ai lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive. I lavoratori eletti alla carica di consigliere comunale o provinciale che non chiedano di essere collocati in aspettativa sono, a loro richiesta, autorizzati ad assentarsi dal servizio per il tempo strettamente necessario all'espletamento del mandato, senza alcuna decurtazione della retribuzione.
I lavoratori eletti alla carica di sindaco o di assessore comunale, ovvero di presidente di giunta provinciale o di assessore provinciale, hanno diritto anche a permessi non retribuiti per un minimo di trenta ore mensili.
TITOLO V
NORME SUL COLLOCAMENTO
ART. 33. - Collocamento. La commissione per il collocamento, di cui all'art. 26 della legge 29 aprile 1949, n. 264, è costituita obbligatoriamente presso le sezioni zonali, comunali e frazionali degli Uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione, quando ne facciano richiesta le organizzazioni sindacali dei lavoratori più rappresentative.
Alla nomina della commissione provvede il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, il quale, nel richiedere la designazione dei rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, tiene conto del grado di rappresentatività delle organizzazioni sindacali e assegna loro un termine di 15 giorni, decorso il quale provvede d'ufficio.
La commissione è presieduta dal dirigente della sezione zonale, comunale, frazionale, ovvero da un suo delegato, e delibera a maggioranza dei presenti, in caso di parità prevale il voto del presidente.
La commissione ha il compito di stabilire e di aggiornare periodicamente la graduatoria delle precedenze per l'avviamento al lavoro, secondo i criteri di cui al quarto comma dell'art. 15 della legge 29 aprile 1949, n. 264.
Salvo il caso nel quale sia ammessa la richiesta nominativa, la sezione di collocamento, nella scelta del lavoratore da avviare al lavoro, deve uniformarsi alla graduatoria di cui al comma precedente, che deve essere esposta al pubblico presso la sezione medesima e deve essere aggiornata ad ogni chiusura dell'ufficio con la indicazione degli avviati.
Devono altresì essere esposte al pubblico le richieste numeriche che pervengono dalle ditte. La commissione ha anche il compito di rilasciare il nulla osta per l'avviamento al lavoro ad accoglimento di richieste nominative o di quelle di ogni altro tipo che siano disposte dalle leggi o dai contratti di lavoro. Nei casi di motivata urgenza, l'avviamento è provvisoriamente autorizzato dalla sezione di collocamento e deve essere convalidato dalla commissione di cui al primo comma del presente articolo entro dieci giorni. Dei dinieghi di avviamento al lavoro per richiesta nominativa deve essere data motivazione scritta su apposito verbale in duplice copia, una da tenere presso la sezione di collocamento e l'altra presso il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro. Tale motivazione scritta deve essere immediatamente trasmessa al datore di lavoro richiedente.
Nel caso in cui la commissione neghi la convalida ovvero non si pronunci entro venti giorni dalla data della comunicazione di avviamento, gli interessati possono inoltrare ricorso al direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro, il quale decide in via definitiva, su conforme parere della commissione di cui all'art. 25 della legge 29 aprile 1949, n. 264.
I turni di lavoro di cui all'art. 16 della legge 29 aprile 1949, n. 264, sono stabiliti dalla commissione e in nessun caso possono essere modificati dalla sezione.
Il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro annulla d'ufficio i provvedimenti di avviamento e di diniego di avviamento al lavoro in contrasto con le disposizioni di legge. Contro le decisioni del direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro è ammesso ricorso al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
Per il passaggio del lavoratore dall'azienda nella quale è occupato ad un'altra occorre il nulla osta della sezione di collocamento competente.
Ai datori di lavoro che non assumono i lavoratori per il tramite degli uffici di collocamento, sono applicate le sanzioni previste dall'art. 38 della presente legge.
Le norme contenute nella legge 29 aprile 1949, n. 264, rimangono in vigore in quanto non modificate dalla presente legge.
ART. 34. - Richieste nominative di manodopera. A decorrere dal novantesimo giorno all'entrata in vigore della presente legge, le richieste, nominative di manodopera da avviare al lavoro sono ammesse esclusivamente per i componenti del nucleo familiare del datore di lavoro, per i lavoratori di concetto e per gli appartenenti a ristrette categorie di lavoratori altamente specializzati. da stabilirsi con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la commissione centrale di cui alla legge 29 aprile 1949, n. 264.
TITOLO VI
DISPOSIZIONI FINALI E PENALI
ART. 35. - Campo di applicazione. Per le imprese industriali e commerciali, le disposizioni dell'art. 18 del titolo III, ad eccezione del primo comma dell'art. 27, della presente legge si applicano a ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo che occupa più di quindici dipendenti. Le stesse disposizioni si applicano alle imprese agricole che occupano più di cinque dipendenti.
Le norme suddette si applicano, altresì, alle imprese industriali e commerciali che nell'ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque dipendenti.
Le norme suddette si applicano, altresì, alle imprese industriali e commerciali che nell'ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque dipendenti anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti.
Ferme restando le norme di cui agli artt. 1 8, 9, 14, 15, 16 e 17, i contratti collettivi di lavoro provvedono ad applicare i principi di cui alla presente legge alle imprese di navigazione per il personale navigante.
ART. 36. - Obblighi dei titolari di benefici accordati dallo Stato e degli appaltatori di opere pubbliche. Nei provvedimenti di concessione di benefici accordati ai sensi delle vigenti leggi dello Stato a favore di imprenditori che esercitano professionalmente un'attività economica organizzata e nei capitolati di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la clausola esplicita determinante l'obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona.
Tale obbligo deve essere osservato sia nella fase di realizzazione degli impianti o delle opere che in quella successiva, per tutto il tempo in cui l'imprenditore benefica delle agevolazioni finanziarie e creditizie concesse dallo Stato ai sensi delle vigenti disposizioni di legge.
Ogni infrazione al suddetto obbligo che sia accertata dall'Ispettorato del lavoro viene comunicata immediatamente ai Ministri nella cui amministrazione sia stata disposta la concessione del beneficio o dell'appalto. Questi adotteranno le opportune determinazioni, fino alla revoca del beneficio, e nei casi più gravi o nel caso di recidiva potranno decidere l'esclusione del responsabile, per un tempo fino a cinque anni, da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazione finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi appalto.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche quando si tratti di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero di appalti concessi da enti pubblici, ai quali l'ispettorato del lavoro comunica direttamente le infrazioni per l'adozione delle sanzioni.
ART. 37. - Applicazione ai dipendenti da enti pubblici. Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti da enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica. Le disposizioni della presente legge si applicano altresì ai rapporti di impiego dei dipendenti dagli altri enti pubblici, salvo che la materia sia diversamente regolata da norme speciali.
ART. 38. - Disposizioni penali. Le violazioni degli artt. 2, 4, 5, 6, 8 e 15 primo comma, lett. a), sono punite, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, con l'ammenda da lire 100.000 a lire un milione o con l'arresto da 15 giorni ad un anno.
Nei casi più gravi le pene dell'arresto e dell'ammenda sono applicate congiuntamente.
Quando, per le condizioni economiche del reo, l'ammenda stabilita nel primo comma può presumersi inefficace anche se applicata nel massimo, il giudice ha facoltà di aumentarla fino al quintuplo.
Nei casi previsti dal secondo comma, l'autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall'art. 36 del codice penale.
ART. 39. - Versamento delle ammende al Fondo adeguamento pensioni. L'importo delle ammende è versato al Fondo adeguamento pensioni dei lavoratori.
ART. 40. - Abrogazione delle disposizioni contrastanti. Ogni disposizione in contrasto con le norme contenute nella presente legge è abrogata.
Restano salve le condizioni dei contratti collettivi e degli accordi sindacali più favorevoli ai lavoratori.
ART. 41 - Esenzioni fiscali. Tutti gli atti e documenti necessari per la attuazione della presente legge e per l'esercizio dei diritti connessi, nonché tutti gli atti e documenti relativi ai giudizi nascenti dalla sua applicazione sono esenti da bollo, imposte di registro o di qualsiasi altra specie e da tasse.
 

mercoledì 16 maggio 2012

IL POTERE SANZIONATORIO DEL PREFETTO E DEL QUESTORE



LE IPOTESI DI REATO






E' giunto il momento di occuparsi delle sanzioni amministrative e penali che possono essere adottate nei confronti della guardia giurata.

Come abbiamo messo in evidenza nel precedente paragrafo, la competenza ad adottare atti che incidono sul titolo di polizia ex art. 138 T.U.L.P.S. è demandata in via esclusiva al Prefetto.

Quali sono i provvedimenti restrittivi che il Prefetto può adottare o meglio, quali avvenimenti legittimano il Prefetto all'adozione di provvedimenti dai contenuti sanzionatori ?

In primo luogo è necessario ricordare che il verificarsi di fatti che comportino il venire meno dei requisiti soggettivi impone al Prefetto di revocare l'approvazione della nomina a guardia giurata.

(art. 10 T.U.L.P.S.).

L'approvazione della nomina a guardia giurata può essere revocata o perdere efficacia per un periodo di tempo anche in relazione ad altri comportamenti tenuti dal titolare di essa. Anche in questo caso assume rilievo l'abuso del titolo di polizia.

Seguendo l'insegnamento di un'autorevole dottrina, "l'abuso è il fatto contrastante con quel pubblico interesse che il Legislatore in via generale e l'Autorità specificamente hanno considerato, subordinando la concessione a determinate condizioni".

A questo concetto di aggiunga che il soggetto il quale non osservi le prescrizioni impostegli nel pubblico interesse ma che pretenda egualmente di continuare ad avvalersi della stessa autorizzazione, verrebbe a trovarsi in una posizione del tutto analoga a quella in cui si verrebbe a trovare colui che intenda trarre giovamento da un atto invalido in quanto contrario al pubblico interesse che la norma tutela.

Fatta questa premessa, si deve osservare che l'abuso del titolo non si identifica necessariamente con la condotta penalmente rilevante compiuta da una guardia giurata ed accertata con una sentenza passata in giudicato.

Sicuramente fatti di tale natura hanno un indubbio rilievo ai fini dell'accertamento di abusi del titolo, tuttavia il rigore del dettato dell'art.138 T.U.L.P.S. fa sì che la pronuncia di condanna rilevi sotto il profilo de numeri 4) e 5) del suddetto articolo, facendo venire meno i requisiti soggettivi.

In realtà, sembra che anche altri fattori possano concretare un abuso del titolo.

L'apertura di un procedimento penale per fatti legati al servizio qualora superi lo stadio delle indagini preliminari e comporti l'applicazione di misure restrittive della libertà personale ovvero se arrivi al rinvio a giudizio dell'interessato assume senza dubbio rilevanza.

In realtà, però, anche fatti che escono dall'alveo dell'illecito penale possono costituire un abuso del titolo. Ciò potrebbe verificarsi quando la guardia giurata effettui il proprio servizio negligentemente; in simili circostanze il Prefetto può adottare la sospensione o la revoca dell'approvazione del titolo di polizia.

La scelta della sanzione da applicare dovrà, inevitabilmente, tenere conto della gravità del fatto in modo che sia sempre salvaguardato il principio della proporzionalità e ragionevolezza immanente all'applicazione delle sanzioni nel nostro ordinamento.

Peraltro, è evidente che la guardia giurata potrebbe reiterare nel tempo comportamenti violativi che di per sé stessi giustificherebbero soltanto la sospensione.

Tuttavia, il regolare ripetersi di tali circostanze può far ritenere che l'agente sia persona non degna di fiducia e determinare legittimamente il Prefetto alla revoca del titolo di polizia.

D'altra parte, proporzionalità e ragionevolezza sono parametri di cui il Prefetto deve tenere conto anche nella determinazione della sospensione dell'atto di approvazione della nomina a guardia giurata.

E' evidente che tale sospensione dovrà avere efficacia limitata nel tempo: diversamente, essa equivarrebbe ad una revoca.

Come si è accennato nel paragrafo precedente, il potere di sospensione della qualifica di guardia giurata compete anche al Questore ai sensi dell'art.4 del R.D-L. n.1952/1935.

La potestà in argomento è, però, più ristretta e di una natura giuridica diversa rispetto al potere del Prefetto ex art. 10 T.U.L.P.S.



Le sospensioni adottate dal Prefetto costituiscono dei veri e propri atti sanzionatori. Quelle inflitte dal Questore, al contrario, concretano una misura di carattere cautelare adottata al fine di evitare che un soggetto resosi responsabile di violazioni del regolamento di servizio e, quindi dimostratosi non del tutto affidabile, continui ad operare.

Questo provvedimento viene dunque emanato in virtù di eventuali ulteriori sanzioni che il Prefetto può adottare in merito al titolo di polizia. D'altra parte, lo stesso art.4 del R.D.L. n.1952/1935 precisa che, a seguito della sospensione disposta dal Questore, il Prefetto possa stabilire la revoca della nomina a guardia giurata.

Da tale precetto ci sembra di poter ricavare che, dopo la misura adottata dal Questore, il Prefetto non possa infliggere un'ulteriore sospensione della licenza: infatti, la misura cautelare ha anche un contenuto afflittivo che la decisione del Prefetto ripeterebbe.

Dunque, la scelta che si apre al Prefetto è quella di revocare o meno l'approvazione della nomina a guardia giurata.

Dobbiamo ora occuparci delle figure di reato che possono realizzarsi con riferimento all'attività di guardia giurata.

Ci sembra di poter individuare i seguenti comportamenti a rilevanza penale:


a) ESERCIZIO ABUSIVO DELL'ATTIVITA' DI GUARDIA GIURATA

(artt. 138 e 140 T.U.L.P.S.)

Elemento oggettivo: la condotta penalmente rilevante consiste nello svolgimento delle mansioni di custodia e vigilanza del patrimonio altrui senza aver conseguito preventivamente l'approvazione della nomina a guardia giurata.

Incorre, però, in questa figura di reato anche la guardia giurata che esplichi le proprie mansioni al di fuori dell'ambito territoriale cui si riferisce il titolo di polizia rilasciato.

Elemento soggettivo: trattandosi di un reato contravvenzionale, perche esso sussista è sufficiente anche la semplice colpa.

Pena: la sanzione per questo reato è dettata dall'art.140 T.U.L.P.S. che commina la pena dell'arresto fino a due anni e l'ammenda fino a £400.000.


b) SVOLGIMENTO DELLE MANSIONI DI GUARDIA GIURATA SENZA LA DIVISA O IL DISTINTIVO APPROVATO DAL PREFETTO

(art.254 R.D. n°635/1940 e 221 T.U.L.P.S.)

Elemento oggettivo:

la condotta di questo reato consiste nell'utilizzare da parte della guardia giurata di una divisa o di un distintivo non approvato dal Prefetto o comunque difforme da quello approvato.Del reato risponde a titolo di concorso anche il proprietario il titolare dell'Istituto di vigilanza che abbia indotto in qualche maniera la guardia giurata ad indossare un'uniforme o un segno distintivo non conforme.

Elemento soggettivo:

anche in questo caso si tratta di un reato contravvenzionale che quindi è punito sia a titolo di dolo che di colpa.




c) LO SVOLGIMENTO DELLE MANSIONI DI GUARDIA GIURATA IN DIFFORMITÀ' DELLE MODALITÀ' DI SERVIZIO APPROVATE DAL QUESTORE


(artt.4 e 6 del R.D.L. n. 1952/1935 e 17 del T.U.L.P.S.)

Elemento oggettivo:

risponde di questo reato la guardia giurata che disimpegna i servizi di vigilanza senza osservare le modalità di esecuzione fissati singolarmente per ciascuno di essi dal regolamento approvato dal Questore a mente degli artt.2 e 3 del R.D.L. n.1952/1935.

Si tratta di una norma penale in bianco in quanto il precetto acquista concretezza soltanto per mezzo del provvedimento disciplinare approvato dal Questore.

Elemento soggettivo:

si tratta come sempre di un reato contravvenzionale punito sia a titolo di dolo che di colpa.

Pena:

l'art.6 del R.D.L. n.1952/1935 stabilisce che alla fattispecie in argomento si applichi la sanzione descritta all'art.17 T.U.L.P.S. cioè l'arresto fino a tre mesi o, in alternativa, l'ammenda fino a £400.000.



d) DISTRAZIONE DAL SERVIZIO DELLA GUARDIA GIURATA

(artt.5 e ,6 R.D.L. n. 1952/1935 e 17 del T.U.L.P..S.)


Elemento oggettivo:

commette questo reato il soggetto che, avendo un potere di indirizzo e coordinamento sull'attività lavorativa, impartisca istruzioni e ordini la cui esecuzione si sostanzi nello svolgimento di mansioni di guardia giurata con modalità difformi da quelle approvate dal Questore

Elemento soggettivo:

anche in questo caso il reato è di natura contravvenzionale e quindi è punibile a titolo di colpa o dolo.

Pena:

la sanzione per questo reato è contenuta nell'art. 17 del T.U.L.P.S. che commia l'arresto fino a tre mesi, o, in alternativa l'ammenda fino a £ 400.

martedì 15 maggio 2012

Il CONTROLLO DEL QUESTORE

Il CONTROLLO DEL QUESTORE





Analogamente a quanto avviene per gli istituti di vigilanza, il controllo sull'attività operativa delle guardie giurate è demandato al Questore.


Identica è la "ratio " sottesa a questa scelta del Legislatore. Si tratta, infatti, di verificare che la guardia giurata metta in atto un'azione adeguata alla protezione del patrimonio e non si sottragga agli obblighi di sorveglianza che gli vengono attribuiti.


La disciplina di questa attività di controllo è regolata da una fonte esterna al Testo Unico delle Leggi di P. S. e, specificamente, dal R.D.L. 26/9/1935, n°.1952 convertito con la, legge 19/3/1936 n.508


L'art.1 di questo provvedimento chiarisce quale sia la ripartizione delle competenze tra Prefetto e Questore. Al Prefetto competono tutte le potestà autorizzatorie; al Questore spetta invece, la vigilanza sul servizio


Il Legislatore ha poi previsto (art.2) che tutti coloro che impiegano guardie giurate (sia i proprietari che si siano avvalsi della facoltà loro concessa all'art.133 T.U.L.P.S. sia gli istituti di vigilanza) devono sottoporre all'approvazione del Questore il regolamento di servizio delle guardie giurate.


In esso devono essere indicate le modalità con le quali ciascuna tipologia servizio viene svolta e cioè il numero di agenti che si intende impiegare per ogni tipo di prestazione, l'armamento utilizzato, l'equipaggiamento di difesa passiva (ad esempio giubbotti antiproiettile), sistemi di collegamento.


L'istante, inoltre, deve precisare a quali compiti viene preposta "la singola guardia" .


Il precetto di questa norma e assai rigoroso; infatti il riferimento così minuzioso al ruolo rivestito da ogni singola guardia nella struttura dell'impresa sembra rendere evidente che l'interessato debba indicare nominativamente a quali servizi intende assegnare ciascun dipendente


Se, infatti, bastasse indicare soltanto il numero delle persone impiegate in dato servizio, si dovrebbe ritenere assolutamente pleonastico il precetto normativo in questione non avendo un contenuto diverso dall'imporre l'indicazione delle modalità di esecuzione dei singoli servizi.


L'istanza per l'approvazione del regolamento di servizio comporta l'apertura di un procedimento amministrativo.


Anche in questo caso si rende necessario individuare quale sia il relativo regime.


Sembra che l'atto finale del provvedimento (cioè l'approvazione.del Questore) si ponga come un atto propedeutico all'esercizio di un'attività privata. Non ricorrendo alcuna delle cause di esclusione contemplate dall'art.19 della legge n.241/1990 e non essendo compresa nel novero dei procedimenti indicati nei D. D. P.P. R. R. n.407/1994 e 41 l'approvazione del Questore si deve ritenere soggetta al regime procedimentale descritto dal suddetto art.19 della legge n.241/1990.


Conseguentemente l'interessato, presentata l'istanza, potrà cominciare ad operare immediatamente attenendosi alle indicazioni formulate nella proposta di regolamento. Il Questore, entro lo " spatium deliberandi " di 60 giorni, dovrà decidere se approvare il regolamento di servizio ovvero rigettarne l'approvazione o ancora, secondo quanto disposto dall'art.3 del R.D.L.n. 1952/1935, approvare il regolamento modificandolo in alcune sue parti.


In questo caso, si tratta di una decisione che il Questore adotta d'imperio in seguito al processo valutativo introdotto dall'istanza dell'interessato


Non è, quindi, richiesto che, sulle modificazioni introdotte, venga sentito l'istante per mezzo della procedura ex art.7 della legge n.241/1990.


Una volta approvato il regolamento di servizio, la guardia giurata è obbligata al rispetto delle prescrizioni in esso contenute (art.4 R.D.L.n° 1952/1935).


L'inosservanza di tali norme è sanzionata, per effetto del combinato disposto del R.D.L n°1952/1935 e dell'art.17 T.U.L.P.S., con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda di £ 400 mila


Nel successivo paragrafo vedremo su un piano amministrativo come il Questore possa sospendere la guardia giurata.


Con la sanzione penale di cui si è detto sopra è altresì punito colui che distrae la guardia giurata dal servizio assegnatole secondo quanto previsto dalle modalità del regolamento di servizio approvato dal Questore.


L'art.7 del R.D.L. n.1952/1935 prevede che il Ministro dell'Interno, di concerto con il Ministro di Grazia e Giustizia, emani con proprio decreto le norme di esecuzione dello stesso Regio Decreto Legge.


Conseguentemente, si deve ritenere che siano tuttora in vigore le norme ,regolamentari contenute nel R.D. 4 giugno 1914 n.563. Il contenuto di tale norma è però assai ridotto.


Infatti, se si scorre attentamente il R.D. n.563/1914 si può facilmente levare come la maggior parte delle norme siano state sostanzialmente prodotte nel Titolo IV del T.U.L.P.S. e nelle relative norme del R.D. .635/1940.


In conclusione di questa esposizione, ci sembra opportuno compiere una riflessione.


Tornando per un momento al tema trattato nel precedente paragrafo, ci sentiamo di poter dire che l'orientamento della giurisprudenza secondo cui alle guardie giurate compete la qualifica di agenti di P. G., trova origine nella necessità di sanzionare il comportamento omissivo dell'agente di fronte a possibili reati.


In realtà, questa esigenza è già soddisfatta proprio dalle norme del R.D. n.1952/1935: la corretta redazione del regolamento di servizio consente, infatti, di porre in capo alla guardia giurata il preciso dovere di intervento a protezione del bene, sanzionando penalmente la sua inosservanza.

IL GOVERNO TECNICO DI MONTI !!!!!!

Il signor Monti ha preso il posto del papi degli italiani, e con molta eleganza ha ancora una volta depredato i lavoratori. Il mio stipendio è, con un eufemismo, “più leggero” di prima. In compenso le tasse sono, con altrettanto eufemismo, “più pesanti”.
Aumenta l’acqua, la luce, il gas, il telefono, l’ici-imu, la benzina, i generi alimentari, le tasse scolastiche, i generi di vestiario, i trasporti. Tutto aumenta e gli stipendi dei dipendenti scendono. Colpa della recessione, colpa degli evasori fiscali, colpa dei benefici ai politici che tanto peso hanno sul lavoro degli italiani.
Ho letto che i nostri “cari” deputati hanno diritto anche a un chilo di colla per anno.
Allora è proprio vero che si sono incollati alla poltrona.
E che sarà impresa titanica riuscire a staccarli da lì.

L’Italia è diventata davvero un postaccio. Se non si hannno conoscenze non si trova lavoro. Se si ha un lavoro, bisogna fare il conto con i vari protetti, favoriti, amici, parenti e amanti del capo.

La signora Fornero ha promesso equità come il suo collega Monti. Non da meno l’altro collega Profumo.
Così tanta equità da lasciare mano libera ai datori di lavoro di licenziare chi è brutto o non porta la minigonna.
Così tanta equità che un lavoratore dipendente, per andare in pensione, se ha lavorato in più di un settore, dovrà pagare anche 30.000 euro. Se li ha. E alla faccia della mobilità.
Ma come? Da una parte ti dicono che il posto fisso non va più bene, e dall’altra penalizzano proprio chi il posto fisso per quarant’anni non l’ha avuto?

Intanto che loro promettono (ma da chi hanno imparato?), si stabilizzano ancora più le corporazioni all’interno del sistema sicurezza italiano.
I baroni sono cosa del passato?
Oggi non ci sono più. Non nel senso che la democrazia è entrata, come diritto fondamentale, nelle istituzioni, ma piuttosto si sono evoluti.
Se prima erano arrivati casualmente, o messi lì dai massoni, oggi sono messi lì dai politici.
Se prima facevano gli intoccabili, oggi fanno i cordiali, raccontano battute di spirito, sfoggiano la loro cultura, hanno la tessera giusta per ogni occasione. Costruiscono la loro corte personale a cui elargiranno i diritti, oltrechè favori e benefit.

Tu t’incazzi e vuoi far valere i tuoi, di diritti? Povero fesso. Il coltello dalla parte del manico l’hanno loro. Se prima avevi conquistato una briciola, te la tolgono, tanto per farti capire che tu non conti. Che tu devi produrre soltanto per mantenere loro. Di più. Se non smetti di fare l’arrogante e di mancare di rispetto, ti toglieranno i “privilegi” conquistati in anni di contrattazioni.
Che i “privilegi” non siano altro che la razionalizzazione del lavoro, l’organizzazione del personale, e l’economia delle spese, non importa. A piacere e necessità, si fanno passare per privilegi, che oggi ti danno e domani ti tolgono.

Come sempre, e in tutti i campi, ci sono le eccezioni. Ma non credo abbiano la vita tanto comoda.

Enrico Torboli

domenica 6 maggio 2012

Pubblichiamo i candidati eletti nella nostra lista in Sicuritalia

 Pubblichiamo i candidati eletti della nostra lista , ancora non ufficiali, di questa tornata elettorale, non senza ringraziare quanti, contro tutto e contro tutti,ci hanno espresso fiducia e consenso.




ELEZIONI RSU SICURITALIA COMO 04.04.2012
i nostri candidati:
1) MARANGIO DOMENICO    (ELETTO)

2) CAGNANO ROBERTA        (ELETTA)
3) COCCELLA GIUSEPPE
4) COSSU LUIGI
5) DE MARTIN WILLY            (ELETTO)
6) TORRICELLI ROBERTO


 

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