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Con questa sentenza i giudici di Piazza Cavour hanno, pertanto, confermato il già consolidato orientamento giurisprudenziale in virtù del quale la condotta del superiore gerarchico che approfitti delle difficoltà economiche o della situazione precaria del mercato del lavoro per ottenere il consenso dei subordinati e contestualmente indurli a subire condizioni di lavoro deteriori rispetto a quelle previste dall'ordinamento giuridico non può in nessun caso essere legittimata e ricondotta "alla normale dinamica di rapporti di lavoro". Invero, la suddetta attività minatoria in danno di lavoratori dipendenti si scontrerebbe anche con le garanzie che la Costituzione della Repubblica pone a tutela della libertà, della dignità e dei diritti di chi lavora. Attraverso questo provvedimento, la Suprema Corte, ha precisato che affinchè si configuri la fattispecie criminosa dell’”estorsione” è sufficiente che la minaccia, intesa quale elemento costitutivo del reato in oggetto, sia idonea a far sorgere il timore di subire un concreto pregiudizio.(Angela Arena) |
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